
Se fossi il segretario del Partito Democratico...
In questi ultimi mesi sono arrivate alla Segretaria del Partito Democratico sollecitazioni, suggerimenti e segnali di posizionamento nel tentativo di condizionarne l’azione se non addirittura di minarne la credibilità . Anche i padri nobili delle prime e vincenti aggregazioni del centro sinistra, ponendo sul piatto l’autorevolezza del passato, hanno speso parole forti sull’orientamento del partito, paventando una deriva a sinistra e indicando il “centrismo moderato” come la via maestra per riconquistare la maggioranza dei voti. Ma sarà vero? Personalmente, trovo le ultime interviste del professor Prodi poco condivisibili, sia nei toni che negli obbiettivi.
Alcuni segnali interni ed internazionali sembrano indicare un risveglio di nuove esigenze troppo a lungo trascurate e quasi dimenticate, ma mai del tutto sopite. E non si tratta solo delle elezioni a New York, Copenaghen, Virginia e New Jersey, ma anche del rinascere di partecipatissime manifestazioni di piazza per l’affermazione di valori civili irrinunciabili, qualsiasi parte del mondo riguardino.
Sembravamo assuefatti all’idea imperante degli ultimi cinquant’anni: il libero mercato sopra a tutto e tutti. Come se non ci fosse altro dio.
Ci hanno fatto credere che solo la liberalizzazione dell’economia avrebbe favorito ed incentivato l’imprenditorialità individuale, stimolato l’innovazione e migliorato il benessere di tutti. Che alla fine la torta si sarebbe ingrandita e tutti avrebbero potuto mangiarne una fetta.
Ebbene, non è così. Il mercato, da solo, non produce affatto il benessere per tutti ma solo per pochissimi. Lasciato a sé stesso, e cioè nelle mani di chi ha la potenza economica e finanziaria per condizionarlo, il libero mercato aumenta il caos e la precarizzazione della vita delle masse, alimentando il risentimento degli esclusi e aprendo la strada ai nuovi fascismi.
Dopo cinquant’anni di neoliberismo, alla fine è ormai chiaro a tutti che la sua promessa di una crescita più rapida e di un migliore tenore di vita per tutti non è altro che una colossale bugia. La crescita si è rallentata, le opportunità sono diminuite e la ricchezza prodotta si è concentrata solo sulle persone più ricche, mentre i ceti popolari e medi occidentali hanno sacrificato le loro vite ed il futuro dei loro figli sull’altare della globalizzazione e dei maggiori profitti per il capitale.
Finalmente si comprende che la libertà di cui parla il neoliberismo, quella di fare impresa senza vincoli, quella che considera l’intervento dello Stato come una dannosa ed illiberale intromissione in un sistema che funziona da solo, non è altro che la libertà per alcuni di fare tranquillamente solo e soltanto i propri interessi, mentre le masse diventano schiave dello sfruttamento e del ricatto economico.
Finalmente appare chiaro, negli interventi mediatici dei più accorti studiosi dei processi politico-economici, che l’intervento della politica nella correzione dei processi redistributivi è essenziale, doveroso ed improcrastinabile, a protezione della vera libertà – che è la libertà di tutti – e della democrazia.
Che fare, dunque? Di fronte al disvelarsi di questa tragica e falsa concezione economica che per mezzo secolo ha impoverito le nostre vite, a quale verità ancorare un’azione politica di ampio respiro che riscatti le aspirazioni e il futuro degli italiani, da decenni vessati dalla riduzione delle opportunità , dal depauperamento dei presidi di tutela collettiva e dal progressivo svanire delle concrete possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita?
Se fossi il segretario del Partito Democratico, ma per mia fortuna non lo sono, inizierei a dipanare questa enorme matassa di interessi consolidati, di incomprensibili privilegi e inaccettabili disuguaglianze, dicendo chiaro e forte che l’impostazione neoliberista applicata dai tempi di Reagan e Thatcher ha miseramente fallito i suoi obiettivi e le sue promesse. La crescita economica europea è stata risibile ed i suoi effetti hanno consolidato patrimoni e rendite senza distribuirsi verso il basso. La gente comune, perdendo speranze e tutele a fronte di vite sempre più precarie ed incerte, cova una sorda rabbia ed un senso d’impotenza che mettono a rischio le democrazie occidentali.
Direi poi che l’individualismo e la disaggregazione delle società conseguenti alla riduzione e al dissanguamento dello stato sociale hanno diviso le classi tra coloro che, avendo maggiori disponibilità economiche, possono salvaguardare i bisogni fondamentali - casa, salute, istruzione, sicurezza e benessere - e garantirsi accessi privilegiati preclusi alle masse, e queste ultime che, invece, restano in balia di politiche incapaci di riaffermare e difendere i loro bisogni.
Sosterrei con forza che la conseguenza di questa situazione è che il Partito Democratico debba in primo luogo riaffermare il primato della politica sull’economia e, nell’ambito di un sistema economico in grado di produrre una nuova e vivace crescita, impegnarsi a riequilibrare la ricchezza prodotta affinché ognuno possa avere la speranza di migliorare le proprie condizioni di vita per sé e per la propria famiglia, in modo tale che il sistema possa essere più efficacemente alimentato da una diffusa liquidità e circolazione monetaria in grado di favorirne la progressione e l’avanzamento complessivo.
Direi inoltre che non solo l’Italia, bensì tutta l’Europa debba riordinare i propri sistemi economici e produttivi e fiscali al fine di redistribuire le ricchezze a favore dei ceti medi e popolari, tutelandone la crescita complessiva con politiche omogenee sul lavoro, sul fisco, sul welfare, sull’innovazione tecnologica, sulle fonti energetiche e sul reperimento delle materie prime essenziali e strategiche, sul clima e sull’ambiente.
Prometterei che il Partito Democratico effettuerĂ una riforma organica del sistema fiscale, eliminando ogni differenza di imposizione a paritĂ di reddito comunque percepito, abolendo quindi le flat tax sui redditi da lavoro autonomo e sulle rendite da capitali, e ritornando ad una tassazione strettamente progressiva e rigorosamente valida per tutti.
Se fossi il segretario del Partito Democratico mi alzerei per affermare che le società occidentali, libere e democratiche, hanno l’obbligo imperativo di tutelare gli interessi di tutti e non solo di alcuni. Che le società progrediscono e avanzano più rapidamente coltivando la fame di successo di coloro che ancora non l’hanno raggiunto, e non salvaguardando la pigra indolenza di coloro che l’hanno ereditato. Che il progresso ed il benessere hanno un valore politico se sono collettivi e generali, e non solo individuali. E che per costruire tale modello sociale si deve tornare ad offrire un efficiente ascensore sociale alla conoscenza, allo studio, alla volontà , alla dedizione, all’ingegno e alla perseveranza da qualsiasi fonte provengano.
Per realizzare questo è necessaria una società più equa, in cui ogni cittadino abbia la certezza che il suo impegno e la sua abnegazione saranno ripagati con una vita migliore e non di pura sopravvivenza.
Questo direi ai cittadini e ai lavoratori italiani: che siamo 35 milioni di lavoratori dipendenti, pensionati, studenti, dottori, infermieri, insegnanti e professori, ricercatori, operai, impiegati e quadri, lavoratori precari, madri e padri preoccupati. E che solo insieme, con il Partito Democratico al nostro fianco per la tutela del lavoro, dei salari e degli stipendi, della salute e dell’istruzione, saremo imbattibili.
Se andremo uniti a votare per una societĂ che tenga conto dei nostri sogni e aspirazioni spazzeremo via ingiustizie, disuguaglianze, razzismi, pseudofascismi, trogloditi e analfabeti nel governo, nei ministeri, in parlamento, in televisione e ovunque sia arrivato il nepotismo politico e familistico. Serve solo che ci accorgiamo di essere noi. Il futuro.
Se fossi il segretario del Partito Democratico. Ma per mia fortuna non lo sono.
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Giorgio Alessandrini, Piacenza, 25 novembre 2025


