lunedì 9 dicembre 2024

2010: il mio appello a Bersani

Sulla roccia non esiste spazio per barare, o trucchi per sembrare quello che non sei

2010: il mio appello a Bersani
Sono reduce dalla scalata alla vetta del Campanile Basso sulle Dolomiti del Brenta. Anche se ne sono un po’ orgoglioso, non è per vantarmi che desidero parlarne, bensì perché ha attinenza con il mio modo di guardare la situazione attuale.
Uno dei motivi per cui affronto le scalate è dato dal fascino di entrare in contatto con quel che c’è di vero nell’uomo.
Il vociare vano e inconcludente che infesta le nostre giornate non giunge a queste altezze, e il silenzioso cammino verso le cime cambia e riequilibra la prospettiva delle nostre vite
. Parole come volontà, sacrificio, resistenza, tenacia, fiducia in te stesso e nel compagno a cui affidi la tua vita, e che a te si affida, assumono un significato più che mai reale. Sulla roccia non esiste spazio per barare, o trucchi per sembrare quello che non sei; se non trovi dentro di te la via per proseguire verso la vetta, devi scendere. Saper accettare la sconfitta con umiltà però ci consente di rinascere e rigenerarci per riaffrontare le nuove sfide della vita.
Con questo spirito osservo con malinconia e disappunto le vicende politiche di oggi, e preferisco un silenzioso ed operoso allontanamento all’impegno di qualche anno fa. Ho aderito alla Lega nel 1990-’91, dopo che la Storia aveva ribaltato l’Europa dell’est e cambiato il mondo. Ho creduto che anche l’Italia si fosse finalmente sbloccata e potesse avviarsi verso la modernità, e ho provato in buona fede l’entusiasmo e l’emozione di fare qualcosa di utile per il cambiamento. Nonostante la reciproca disaffezione, rimango grato alla Lega per l’intensa esperienza umana che mi ha fatto vivere, nell’organizzazione quotidiana del partito sul territorio e come candidato alle elezioni politiche e comunali.
Da allora sono passati vent’anni di politica, in fondo a parlare di nulla e a fare gli interessi di pochi. I toni si sono inutilmente alzati, il livello del dibattito paurosamente impoverito.
Gli italiani vengono indotti a schierarsi come tifosi da una parte o dall’altra sulla base di slogan senza significato mentre i loro problemi si accentuano e marciscono, e gli sciacalli proseguono il saccheggio indisturbati.
Le Istituzioni vacillano sotto le bordate di chi dimostra di non avere nessun senso dello Stato e nessun interesse per la comunitĂ  nel suo complesso, ma solo interessi di categoria o addirittura personali.
Eppure nel cuore degli italiani esiste lo smodato ma sopito desiderio di una nazione normale, dove siano chiari diritti e libertĂ , regole e doveri; una nazione di certezze semplici ed univoche
, senza spazio per i sotterfugi e le piccole irritanti furbizie.
Un Paese che premi i giusti e i meritevoli, i sapienti ed i tenaci, e in cui i furbastri e gli incapaci non vengano promossi, ma rimossi. Dove il sapere, la cultura, la preparazione, l’intelligenza vengano sollecitati e amorevolmente accuditi, perché rappresentano il futuro delle presenti e prossime generazioni. Un Paese che non guardi la ricchezza individuale come un lusso per pochi ma, se desiderato, come un traguardo raggiungibile per tutti, a patto che sia ottenuto con lavoro, onestà, intuizione, capacità e dedizione. Un Paese che consideri intollerabili i comportamenti che ledono gli interessi della comunità e li scoraggi punendoli in modo esemplare e certo, anziché renderli convenienti. Un Paese in cui i lavoratori volenterosi ed intraprendenti non debbano vedersi equiparati agli sfaccendati che si nascondono nelle pieghe dei contratti collettivi, e possano concordare con gli imprenditori sistemi di incentivazione individuale e di gruppo, fino alla partecipazione ai risultati dell’impresa. Un Paese orgoglioso delle proprie tradizioni e della propria storia, e forte di questo sentimento, finalmente capace di un’accoglienza organizzata e ordinata, in cui le nuove e diverse culture si fondono nel rispetto della nostra, arricchendola e consentendone il rinnovo e la crescita.
All’onorevole Bersani, che ha la responsabilità di riorganizzare un’opposizione di cui c’è urgente necessità - anche per stimolare il rinnovamento del centro-destra e arginare la sua deriva populista – rivolgo un appello: gli italiani hanno bisogno di guardare un orizzonte nuovo, luminoso e sgombro, verso cui orientare le incredibili energie che oggi sappiamo esprimere solo in occasione delle catastrofi naturali. I democratici hanno la splendida opportunità di chiamare a raccolta gli italiani per ricostruire la nazione proponendo un progetto nuovo, attraverso scelte nette e non equivoche, in cui le parole lavoro, responsabilità, sicurezza, riforme, doveri, diritti, assumono un significato certo ed immutabile. Disegnare un nuovo Paese e lavorare per crearlo significherà sgombrare il campo dalla spazzatura politica che ci circonda. E per farlo potrebbe anche essere necessario vincere le elezioni con questa assurda e rivoltante legge elettorale, che ha trasferito la sovranità dal popolo ai capipartito, riducendo i parlamentari a servi del capo. Cambiarla prima potrebbe forse portare ad una vittoria, ma sarebbe senza onore. E senza onore non c’è legittimazione. Non vogliamo continuare a sognare per decenni un paese serio e realmente democratico, non vogliamo prefigurarlo per le generazioni che verranno dopo di noi. Lo vogliamo per noi ora, in questa terra e in questo tempo.
E’ giunto quindi il momento di “salire in quota”, e nel silenzio ridefinire le priorità e le prospettive di questo progetto, e poi radunare le energie di questo paese e partire per nuove vette.

Giorgio Alessandrini, 3 settembre 2010

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Giorgio Alessandrini

Analista dati delle politiche per il lavoro per la Regione Emilia-Romagna. Ex funzionario amministrativo di INA-Assitalia, poi Generali. Appassionato delle vette e del mare; di emozioni; della vita. E di politica come strumento di risoluzione dei problemi reali.

© Giorgio Alessandrini 2017
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